Mascheriamo le emozioni

Scritto da il 12 Maggio

Mascherare le emozioni fino a prima dell’evento COVID19 era decisamente molto impegnativo. Il nostro viso, fonte di innumerevoli indicatori di emozione, rivelava verso l’esterno molto più di quanto noi volessimo realmente.

Oggi, con l’ausilio di questo “filtro” siamo in grado, anche se magari non ci avevamo fatto caso, di mascherare le nostre emozioni senza difficoltà.
Ma di tutto questo, noi ce ne siamo veramente resi conto?

Molto probabilmente a livello conscio non ci siamo resi conto che poteva essere uno strumento di mascheramento, però a livello inconscio molto probabilmente ci siamo accorti che le nostre relazioni con le altre persone sono un po’ cambiate. Magari non abbiamo dato molto peso al motivo per il quale abbiamo percepito questo cambiamento, ma abbiamo percepito che qualcosa oggi è diverso. Relazionarsi con altre persone, che non siano parenti o conoscenti stretti, è diverso, si nutre una forma di diffidenza maggiore e la nostra soglia di attenzione si è innalzata.

A cosa è dovuto questo cambio di percezione? È dovuto al fatto che non siamo abituati a scansionare, percepire e comprendere gli atteggiamenti di soggetti a volto coperto, per cui il nostro cervello, che fino a qualche mese fa processava delle informazioni in modo automatico e quindi era abituato a farlo, oggi raccoglie informazioni che prima tralasciava. Il cervello quindi è in continua analisi e in continua allerta.

Da un certo punto di vista questa maggiore attenzione è positiva, perchè tiene alta la soglia dell’attenzione, però da altri punti di vista è negativa perchè richiede molta energia, considerando che il cervello, per le sole funzioni vitali assorbe dal 20 al 25% dell’energia totale del nostro corpo, per cui è avvio pensare che una intensa attività celebrale continua, assorba una quantità di energia molto più elevata del normale, facendoci sentire anche più stanchi rispetto al normale.

Sicuramente, essendo che il cervello va in autoprotezione quando i ritmi sono troppo serrati e quando percepisce che le riserve di energia non sono sufficienti, inizierà quanto prima a “lavorare” inserendo il pilota automatico. Il suo obiettivo sarà quello di creare una forma di abitudine all’azione specifica nel più breve tempo possibile. Questo processo di abitudine è un processo necessario al cervello per evitare di sovraccaricarsi di pensieri che considera poco funzionali perchè automatizzabili. Sicuramente come processo è molto virtuoso e sapendolo sfruttare al meglio semplificherebbe la quotidianità di tutti noi. Attenzione però, evitiamo di far sì che questa abitudine prenda il sopravvento, perchè una persona a volto parzialmente coperto, soprattutto in determinate situazioni o contesti è preferibile considerarla potenzialmente una minaccia.

Sfruttiamo il processo di abitudine per alleggerire il nostro carico cognitivo, però cerchiamo di tenere sempre a mente quali sono gli ambienti e le situazioni che meritano attenzione. La nostra salute e la nostra sicurezza valgono più di una abitudine.


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